Cresce l’offerta ricettiva nelle province e nei comuni pugliesi
In Puglia oltre 10mila strutture alberghiere ed extra-alberghiere. Posti letto a quota 302mila
La Puglia ha un’offerta turistica rappresentata da oltre 10mila esercizi ricettivi. Per la precisione, si contano 10.133 unità tra strutture alberghiere ed extralberghiere. È quanto emerge dai dati più aggiornati sugli hotel, bed & breakfast, case vacanze ed alloggi in affitto, agriturismi, campeggi e villaggi turistici, case per ferie, ostelli per la gioventù.
In particolare, si contano 49 alberghi 5 stelle e 5 stelle lusso; 418 hotel 4 stelle; 415 hotel 3 stelle; 77 hotel 2 stelle; 30 hotel con 1 stella; 81 residenze turistico-alberghiere per un totale di 1.070 alberghi. Di questi ben 338 sono ubicati in provincia di Lecce; 292 in quella di Foggia; 185 in quella di Bari; 110 in quella di Brindisi; 101 in quella di Taranto e 44 in quella di Barletta-Andria-Trani.
I posti letto sono 110.540, le camere 46.136 e 45.888 bagni.
Sempre in Puglia, l’offerta turistica si amplia con le strutture extra-alberghiere: 5.001 alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale; 3.033 bed & breakfast; 774 agriturismi; 223 campeggi e villaggi turistici; 25 case per ferie e 7 ostelli per la gioventù, per un totale di 9.063 unità.
Di questi ben 2.932 sono ubicati in provincia di Lecce; 2.560 in quella di Bari; 1.211 in quella di Foggia; 915 in quella di Brindisi; 914 in quella di Taranto e 531 in quella di Barletta-Andria-Trani. I posti letto sono ben 191.242. Sommando i posti letto delle strutture alberghiere si raggiunge quota 301.782.
La Puglia ha accelerato, negli ultimi anni, una specializzazione produttiva basata sul turismo. Si rileva, infatti, una significativa crescita del numero delle imprese nei settori della ricettività, della ristorazione, del terziario e dei servizi. Anche per valorizzare il nostro patrimonio di inestimabile valore: uno «scrigno» di beni materiali ed immateriali. È una terra ricca di storia, di arte, di cultura e di tradizioni, ma non solo.
Di generazione in generazione sono state tramandate conoscenze e competenze. Lo studio analizza le caratteristiche e le tendenze del settore turistico nelle province e nei comuni pugliesi. Il comparto registra un trend di crescita costante soprattutto nell’ultimo decennio. Oggi si parla molto di turismo sostenibile. I prodotti turistici sostenibili sono quelli che agiscono in armonia con l’ambiente, la comunità e le culture locali, in modo tale che essi siano i beneficiari e non le vittime dello sviluppo turistico. Il turismo ecosostenibile guarda quindi al futuro: si tratta di un insieme di pratiche e scelte che non danneggiano l’ambiente e favoriscono uno sviluppo economico durevole, non danneggiando i processi sociali locali, ma contribuendo al miglioramento della qualità della vita dei residenti. Economia, Etica e Ambiente sono i principi fondamentali su cui si basa il turismo sostenibile. Di contro, i pugliesi investono ancora troppo poco nella qualità dei servizi resa ai propri ospiti e, pertanto, la redditività non può che restare bassa: è questo il tema cruciale da affrontare per lo sviluppo della Puglia.
Intraprendendo un percorso sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale, occorre perseguire un modello di sviluppo che possa far incrementare i ricavi e gli utili delle aziende. Solo così si potranno prevedere nuovi investimenti e, conseguentemente, creare occupazione stabile e non solo stagionale.
Se gli arrivi e le presenze, anno dopo anno, stanno aumentando, con percentuali di crescita sempre più elevate, il dibattito deve ruotare non più sul maggiore afflusso di altri visitatori, quanto sugli strumenti da utilizzare per rafforzare il nostro tessuto imprenditoriale. Già da tempo, principalmente nel periodo estivo, la Puglia è frequentata da turisti provenienti da tutto il mondo. Forse, nei periodi più caldi, è anche troppo affollata.
Tuttavia, i ricavi degli operatori del settore turistico non crescono di pari passo. Se a fronte di migliaia e migliaia di arrivi non si riscontrano ritorni economici altrettanto eclatanti, allora vuol dire che il modello di fare impresa non è redditizio come dovrebbe. O meglio, vuol dire che la nostra offerta turistica non è così matura da garantire buoni profitti. Questa debolezza è confermata anche dai numerosi commenti. Da una parte, gli imprenditori lamentano una scarsa programmazione, avviata dagli enti preposti, che in alcuni ambiti viene considerata lacunosa, se non del tutto assente. Gli stessi evidenziano anche di essere lasciati da soli e di doversi spesso affidare al caso. Dall’altra parte, invece, i Comuni e i Gruppi di azione locale (Gal) chiedono una maggiore professionalità da parte degli operatori del settore.
In questo rimpallo di responsabilità, non si può che invitare i titolari di ditte individuali e i soci di società di capitali o persone, cooperative o consorzi, a «fare rete» nel loro stesso interesse, al fine di rafforzare l’attività di lobbying che solo in Italia ha da sempre avuto un’accezione negativa, ma in realtà bisogna intenderla come un gruppo di persone legate da interessi comuni che si riuniscono per ottenere provvedimenti a sostegno della propria categoria.
Per competere sul mercato, le imprese turistiche hanno bisogno di investimenti, delle opportune competenze manageriali e gestionali, nonché di un’adeguata formazione del personale. Ormai, non bastano più o la passione o la simpatia o la buona volontà, se si vuole realmente che il turismo possa risultare trainante per l’economia locale. Il turismo deve essere opportunamente gestito, con l’obiettivo di generare valore nel tempo sia a vantaggio delle imprese quanto per il territorio nel suo insieme in un processo più ampio di pianificazione e sviluppo territoriale.
Eccessiva stagionalità determina elevata variabilità nei livelli dell’occupazione
Retribuzione media annua di 9.211 euro contro una media nazionale di 12.795
«Il turismo pugliese resta fortemente caratterizzato dalla stagionalità con effetti molto marcati nella dinamica dell’occupazione».
È quanto emerge dai più recenti dati dell’Inps.
Il rallentamento delle attività in alcuni mesi dell’anno fino alla totale sospensione del ciclo produttivo determinano una forte variabilità nei livelli dell’occupazione. Nei quattro mesi estivi (da giugno a settembre) il numero medio dei dipendenti è significativamente superiore al valore medio calcolato sull’intero anno e la maggiore concentrazione di lavoratori dipendenti si raggiunge tra luglio ed agosto per poi progressivamente calare tra settembre ed ottobre. Le regioni come la Sardegna, la Calabria e tra queste non possiamo non annoverare anche la nostra, che puntano prevalentemente sul turismo balneare, sono caratterizzate da una forte componente di stagionalità. I pugliesi investono ancora troppo poco nella qualità dei servizi resa ai propri ospiti e, pertanto, la redditività non può che restare bassa: è questo il tema cruciale da affrontare per lo sviluppo della nostra regione. Intraprendendo un percorso sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale, occorre perseguire un modello di sviluppo che possa far incrementare i ricavi e gli utili delle aziende. Solo così si potranno prevedere nuovi investimenti e, conseguentemente, creare occupazione stabile e non solo stagionale.
Dallo studio emerge che in Puglia ci sono 13.391 aziende del settore turismo con dipendenti, pari al 6,7 per cento del totale nazionale (200.991). Vale a dire che ci sono 3,4 imprese ogni mille abitanti.
I dipendenti sono 84.077 pari al 6 per cento del totale nazionale (1.394.002).
Sempre in Puglia il 50,7 per cento dei lavoratori sono uomini mentre il 49,3 sono donne.
Il 30,4 per cento del totale ha un’età compresa fra i 20 e i 30 anni e il 22 tra i 30 e i 40 anni.
Il 17,7 per cento è impiegato in servizi ricettivi e l’80,6 per cento in pubblici esercizi come bar e ristoranti. Quote marginali per gli occupati in stabilimenti termali/balneari e parchi divertimento.
Si contano 12.158 lavoratori stranieri, pari al 14,5 per cento del totale nazionale (373.987).
In tutta la Puglia le giornate retribuite per dipendente sono state, in media, 183 sull’anno, contro una media nazionale di 216 giornate.
La retribuzione media annua è stata di 9.211 euro contro una media nazionale di 12.795 euro.
Ben più alta la paga media in Trentino Alto Adige (18.349 euro), in Lombardia (15.549) e in Piemonte (14.600).
Va sottolineato che si tratta di importi che non possono spiegare la reale quantità di lavoro effettivamente prestata.
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